Eccoci di ritorno da due giorni intensi, belli, divertenti ma anche difficili.
Perché viaggiare con i bambini non è sempre una passeggiata e chi sostiene il contrario o mente oppure ha un figlio solo, presumibilmente santo.
Viaggiare in cinque significa mettere insieme cinque teste, cinque desideri, cinque aspettative e soprattutto conciliare cinque esigenze diverse che più diverse non si può.
Un puzzle complicatissimo che quando lo si finisce dà tantissima soddisfazione, ma che in corso d’opera crea nervosismo e tensione.
Certo chi segue un blog di viaggi non vuole sentirsi elencare le fatiche quotidiane che può incontrare una famiglia on the road. Vuole evadere per un momento, fermarsi a sognare, immaginare di essere con l’autore proprio su quella torre ad ammirare quel paesaggio mozzafiato.
Cerca, in poche parole, di immedesimarsi.
Ma, da mamma di tre bimbi, per immedesimarmi devo avere quanto meno il barlume di speranza che la persona che scrive sia umana e abbia figli umani quanto i miei.
Bambini, insomma.
Quindi potrei stare qui a sciorinarvi le bellezze della Fête du citron di Mentone, e state pur certi che lo farò a breve. Potrei anche dirvi che il museo del mare di Genova è stato meraviglioso, che abbiamo visitato i quattro piani senza un capriccio.
Ma non sarei onesta, darei un’immagine di famiglia perfetta che non esiste.
Viaggiare con i bambini è una missione, un investimento per la vita.
Bisogna aggrapparsi a questo pensiero, puntare dritti all’obiettivo e non farsi scoraggiare da quanto segue.
Sala della tempesta del museo Galata: uno è entusiasta e vorrebbe entrarci dieci volte, una è terrorizzata e piange come una pazza, una ha fame e urla. Ma nelle sale del museo non si può mangiare, chiaramente. E gli adulti sono due. Che fare?
Imboscare la piccola sul passeggino e nutrirla di nascosto evitando che butti pezzi di prosciutto sul pavimento.
Contemporaneamente consolare quella di mezzo e farle raccogliere gli eventuali pezzi di prosciutto smangiucchiati.
Accontentare il primogenito con un secondo giro nella sala della tempesta.
Si riparte alla volta di Ventimiglia. “Avete fatto tutti la pipì? Guardate che poi per un po’ non ci si ferma”.
Partiamo.
La piccola frigna, mettiamo il CD che le piace. Il grande rogna. Vuole l’audiolibro con le favole. Metti l’audiolibro. La piccola rifrigna, vuole le sue canzoncine e pretende di deliziarci con la sua vocina stridula.
Ho mal di testa.
Dopo qualche chilometro il grande dorme. La piccola frigna di nuovo, ma alla fine, dopo un bel quarto d’ora di urla, si addormenta pure lei. A quel punto pensi di poterti “godere” il tragitto.
Magari, povera illusa, speri di fare due chiacchiere col marito, come ai vecchi tempi.
E invece quella di mezzo complica le cose. Perché ovviamente le scappa la pipì. Ora cosa scegliere?
Fargliela fare addosso evitando che si svegli la peste? Oppure fermarsi per il bisognino e attendere che accada l’inevitabile, cioè che la piccola riapra gli occhi?
Per il bene della macchina optiamo per la sosta.
Ma la quiete è finita.
Ci attendono due ore della stessa canzoncina, traccia numero 15, l’unica che la fa smettere di urlare.
Ciak ciak ciak fa la pioggerella…
Però giurin giurello viaggiare con tre bambini è (quasi) sempre bello!
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